Se ogni vita è speciale a modo suo, quella di Amelia Earhart, lo è stata ancora di più. Nata nel Kansas nel 1897 e cresciuta secondo i classici canoni vittoriani, scoprì a 23 anni che il volo, e non un matrimonio tradizionale, era la sua vera vocazione. Forse, per scongiurare la noia e il timore che non potesse mai accadere nulla di nuovo.
La ispirarono i voli acrobatici degli aerei in legno e stoffa a cui aveva assistito per la prima volta, in compagnia del padre.
Risoluta, si mise a guidare i camion per mettere da parte i soldi e prendere il brevetto di pilota, seguito poi dall’acquisto del suo primo aeroplano. Anni dopo, riuscì a comprarne un altro, questa volta, un bimotore costruito in metallo, che fece dipingere di giallo fiammante.
Se non fu la prima vera donna pilota, preceduta da altre che all’inizio si erano perfino avventurate da sole in mongolfiera, fu in ogni caso la prima a osare imprese mai realizzate fino ad allora.
All’insegna del motto “Voglio tutto e sempre” e confidando sempre nella fortuna, nel 1928 fu la prima donna pilota ad attraversare l’Atlantico e nel 1932 la prima ad effettuare un volo coast-to-coast con partenza e arrivo a New York.
Infine, inseguì il sogno di fare il giro del mondo, volando sopra l’equatore.
Nonostante mesi di addestramento, l’impresa fallì. Si persero le sue tracce a due terzi del tragitto, esattamente a 4.500 km dalla Papua Nuova Guinea e a 8.350 km dalla costa messicana.
La sua scomparsa, presto divenuta uno dei più grandi misteri nella storia dell’aviazione, ha aperto la strada a svariate ipotesi. Dallo spionaggio, alla presunta scelta di restare a vivere tra i pescatori su un’isola incontaminata della Papua Nuova Guinea. Dalla cattura e relativa soppressione da parte dei Giapponesi fino al più probabile incidente aereo.
Gli ultimi segnali radio farebbero infatti pensare alla necessità di doversi alzare parecchio di quota per evitare le nuvole fitte e il forte vento, in una zona del mondo e del cielo che risente di repentini cambiamenti atmosferici.
Uno sforzo, per gli aerei di allora, che richiedeva un pericoloso ed eccessivo utilizzo di carburante, con il conseguente rischio di esaurirlo tutto proprio mentre si era in volo.
Oppure, esausta dopo diciotto ore di volo, avrebbe affidato il comando del velivolo al navigatore Fred Noonan, con cui condivideva l’abitacolo. Già noto per i suoi problemi con l’alcol, l’uomo avrebbe contribuito all’esito nefasto dell’impresa.
Dopo due settimane dall’ultimo contatto radio, le ricerche furono sospese, e il fatto quasi dimenticato. Sì, “quasi”, perché nei decenni successivi, furono fatti di tanto in tanto alcuni tentativi per svelare il mistero. L’ultimo, in ordine di tempo, ricondurrebbe ad alcuni presunti resti della donna, trovati sull’isola di Nikumaroro nell’arcipelago delle Isole della Fenice, in pieno Atlantico.
La loro veridicità, tuttavia, si baserebbe sulla tesi che “Finché non viene provato il contrario, vale l’ipotesi che lo sia”.
Comunque sia andata, pensando ad Amelia Earhart, donna eclettica e anticonvenzionale, che si era dedicata anche alla poesia e alla fotografia, sorge spontanea una domanda: “Ma così speciali e fuori dal comune, si nasce o si diventa?”
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