La fretta, si sa, impedisce di notare certi dettagli, anche a chi in certi posti ci è nato e ci vive da sempre. Passando vicino alla Basilica di Sant’Eustorgio, per esempio sarà molto difficile notare solo per caso che sopra al campanile non c’è una croce come ci si potrebbe aspettare. Al suo posto c’è una stella. Del resto, alzare lo sguardo verso l’alto quando si è assorti a guardare dove si mettono i piedi o chi passa accanto oppure il display dello smartphone, come potrebbe essere altrimenti?
Forse ce l’avrà anche raccontato qualcuno un tempo, ma poi l’abbiamo dimenticato. Dimenticato cosa? Ah sì… che quella basilica, essendo collegata al culto dei Re Magi, li ha voluti celebrare anche nel punto più elevato dell’edificio, dove più in alto c’è solo il cielo.
Sorvolando sul lungo corso della storia che ha portato a Milano un po’ di tutto, dai Celti ai Romani, dagli Unni al Barbarossa, che tra l’altro decise di portarsi via le reliquie dei Re Magi come smacco alla città che aveva giusto, giusto devastato, dagli Spagnoli ai Francesi e agli Austriaci.
Al contrario di altri luoghi, Milano non ha conosciuto grandi persecuzioni nel periodo in cui i pagani non erano più tanto pagani, ma non erano ancora autentici credenti. Allora si usava che un luogo all’aperto o un locale della propria dimora veniva utilizzato per il culto degli dei che poi sono diventati solo uno.
La città si sviluppava qualche metro più in basso della superficie attuale. Ecco perché, alla fine, la storia di tante basiliche o edifici religiosi più piccoli, sparsi ovunque in città, si somiglia. Nello, specifico, il sito originario di Sant’Eustorgio era stato adibito a necropoli quando ai tempi dei Romani, là si era già fuori città, tra boschi e campagna.
Come si fa a saperlo oggi? Perché dove un tempo si radunava mesta una parte della popolazione, oggi restano le tracce del loro passaggio. Si deve scendere sotto il livello della strada dove sopra sferragliano i tram e nel silenzio totale, ritrovare quel pezzo di storia cittadina, camminando tra i sepolcri, le lapidi e qualche anfora romana.
Negli ambienti bassi, tra le pareti oggi ricoperte di cemento bianco, ci si sente quasi schiacciati dalla mole che li sovrasta. La voci si fanno più basse, un po’ intimorite dalla suggestione che si respira. Qualche attimo di riflessione su come un tempo era la città e poi di nuovo fuori, nella luce di un giorno come un altro, mentre lassù la stella sta sempre a guardare.
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