Se telefonando…

Antonio Meucci

Antonio Meucci

Quest’anno ricorre il duecentodecimo anniversario della nascita di Antonio Meucci, al quale si deve l’invenzione del telefono. Toscano di origini, emigrò prima  a Cuba e poi negli Stati uniti, dove nel 1854 ideò il primo telefono casalingo, per comunicare con la moglia ammalata, senza dover spostarsi per casa.

Da casa nasce cosa, si potrebbe arguire, perché in seguito le vicende si sono aggrovigliate parecchio. A partire dal brevetto che Meucci faticò non poco ad ottenere, in primis per ragioni economiche,  che lo costrinsero ad aspettare fino al 1871. Ma come tutti i geni incompresi, una volta ottenuto il brevetto, non fu apprezzato per l’ingegnosa invenzione, e i diritti del brevetto decaderro, sempre per motivi economici del Meucci, che ne impedirono il rinnovo.

Ci pensò un americano, pare, un certo A.G. Bell che sbirciando tra le carte dello sfortunato Meucci,  nel 1876 gli copiò l’idea e ne ottenne subito il brevetto, disponendo di ben più larghe finanze.  Finita in tribunale la vicenda,  si salvò poi la faccia nel dire che il suo era di tipo elettrico e non meccanico, come quello dell’italiano, così vinse la battaglia legale.

Ma un altro personaggio si era già affacciato sulla scena del giallo telefonico: il valdostano Innocenzo Manzetti che nel 1865, quindi dopo Meucci, sorprese tutti con un telefono bello che pronto e, però, anche questo sprovvisto di brevetto.

Quindi, alla fine della storia sulla nascita del telefono, l’ha comunque vinta l’americano, l’unico dei tre a procurarsi subito il brevetto, consapevole del fatto che senza quello, non esiste altro inventore né invenzione che tenga.

Keylong-Kishtwar: una strada da brividi tra India e Himalaya

Quando si dice Himalaya, si pensa subito alle alte vette delle montagne più inaccessibili del mondo, almeno per l’uomo, o più precisamente per la maggior parte degli esseri umani. Alcuni, invece, dotati di tenacia, resistenza fisica e anche di un po’ di follia fuori dal comune ogni tanto ci provano a renderle accessibili. Forse, vorrebbero emulare animali come le oche a testa barrata, che seppur sprovviste di una silhouette filiforme, reggono bene le altezze e volano altissime, sfiorandone le cime.

Oche dalla testa barrata

Ma l’Himalaya, nella sua vastità, non è solo un’enorme barriera naturale; è anche il confine che separa stati come il Nepal, il Bhutan, la Cina e l’India. Proprio da quest’ultimo paese, e precisamente dalla valle del Pangi in direzione della regione himalayana occidentale, si snoda una delle più pericolose strade del mondo.

Himalaya, Nepal

Sterrata, tortuosa e con una sola corsia che si apre su baratri e spettacolari strapiombi, la strada Keylong-Kishtwar è decisamente destinata a chi ama le emozioni forti, se si tratta di turista, ma passaggio obbligato per chi vive sul posto.

Così, aggrappati ai sedili di mezzi che arrancano sobbalzando su un fondo stradale del tutto precario e sfiorando pareti rocciose ancora più inquietanti, gli avventurosi turisti ridono e commentano con urletti nervosi e isterici il panorama vertiginoso al di là dei finestrini.

C’è anche chi, nonostante sia lunga 234 km, sceglie di percorrerla a piedi, la Keylong-Kishtwar Road, almeno per qualche tratto e nella speranza che non cada qualcosa dall’alto…