Cineteca: 1984 – Il Grande Fratello

Mancavano pochi anni al 1984 quando la prof. d’inglese portò in classe “1984” di George Orwell.

Allora, correvano gli anni di piombo e il clima dentro e fuori dalla scuola non era certo dei più spensierati.

Resta il fatto, che la scelta della prof. era stata azzeccata perché aveva riscosso l’interesse generale.

Allora, si era abituati a chiedersi molte cose e lei, sanguigna e battagliera, ci spronava a tenere gli occhi aperti ed essere attenti e curiosi verso tutto ciò che accadeva intorno.

Pubblicato nel 1949, il romanzo fantascientifico ipotizzava una società autoritaria, iper-controllata, in cui anche il minimo pensiero autonomo era considerato un grave reato e un danno alla collettività, naturalmente da reprimere, punire e redimere con mezzi più o meno psico-sofisticati.

In questi folli tempi che ci tocca di vivere, farebbe bene rivedere il film, egregiamente costruito sulla trama dell’omonimo romanzo. Fosse solo per rendersi conto del pericolo sempre latente che incombe quando si inizia a non chiedersi più niente.

Quando si usano certe dialettiche belliche per parlare di problemi quotidiani che coinvolgono tutti, quando si dice “colpire” invece di dire “contattare”, quando si dice “massa” invece di dire “persone”, beh, qualche dubbio sorge spontaneo che “The Big Brother” non sia stato solo un romanzo e un film.

Almeno, per chi ancora si chiede qualcosa…

Cineteca: Storia e teatro al cinema – Riccardo III

Diabolico, subdolo, intrigante e malvagio. Questo è il ritratto di Riccardo III, duca di Gloucester, consegnato alla storia.

Ma a riscattare la sua memoria esiste un’associazione con oltre 3.500 iscritti che la pensano diversamente. La fama dell’ultimo regnante della Casa di York, sanguinario e senza scrupoli, sarebbe stata solo un’opera di diffamazione ben congegnata. Fu una propaganda politica sleale da parte dei Tudor per legittimarsi nel spodestarlo dal trono, esagerando apposta anche sui suoi difetti fisici.

Claudicante, un po’ gobbo, un braccio e la mano deformi, pare, fossero i tratti giusti per rendere verosimile la natura maligna della sua personalità, amplificando la realtà di un corpo affetto solo da scoliosi.

Questo è il principio che promuove l’associazione per il suo riscatto morale e, in parte, il risultato degli scavi in un parcheggio a Leicester, situata a 150 km da Londra, quando furono ritrovate le sue spoglie nel 2012.

Da ciò, l’appellativo di “Re del parcheggio” per Riccardo III, divenuto così “The King of the Parking” con relativa cerimonia solenne postuma al suo ritrovamento.

La sparizione, nel 1483, del giovane erede al trono e di suo fratello, alla morte del padre Edoardo IV, fratello di Riccardo ancora duca, fu il fatto più eclatante che gettò la luce nefasta sul personaggio. In quel frangente, fu sospettato di avere fatto uccidere i due giovani nipoti, rivali al trono, per impossessarsi della corona dopo soli tre mesi.

Di certo, la fine dell’ultimo regnante della Casa di York, fu davvero una brutta fine, che lo vide cadere sconfitto a Bosworth Field, dove forse pronunciò la famosa frase “Il mio regno per un cavallo” dopo essere stato disarcionato.

Il suo corpo non fu mai trovato e la leggenda raccontava che fosse stato gettato in un fiume.

Gli storici, gli archeologi e gli studiosi che hanno esaminato lo scheletro ritrovato a un paio di metri sotto il parcheggio, in quello che era stato un convento di frati, hanno ricostruito un esito finale davvero cruento della sua breve carriera da sovrano durata solo due anni. Inoltre, il DNA di un suo discendente di 17a generazione ha confermato la veridicità del ritrovamento.

Passando dalla storia al teatro, ci pensò Shakespeare un secolo dopo la morte di Riccardo III, a fomentare e tramandare la sua pessima reputazione nel famoso dramma a lui dedicato.

Di shakespeariana memoria sono poi seguite moltissime versioni teatrali sul medesimo soggetto.

Ma arrivando al cinema, non dovrebbe mancare nella videoteca privata degli appassionati di film storici, la versione cult del 1955 con l’insuperabile Laurence Olivier nei panni del perfido Riccardo.

Doppiato in italiano da Gino Cervi, il film offre ben 160 minuti di full immersion nella classica versione ultra-dark del personaggio.

Cineteca: I Ragazzi del Coro

Nella terra di mezzo tra la scuola normale e il riformatorio, si trova l’istituto di rieducazione per ragazzi difficili “Fondo dello Stagno”.

Non solo dal nome nefasto della scuola, il nuovo sorvegliante presagisce il peggio fin dal momento in cui varca la soglia. Non più giovane e ancora precario, dovrà sostituire il precedente collega che lascia il posto vacante, mostrandogli il braccio con i punti di sutura causati da una forbiciata, evidentemente inferta da qualche scolaro.

“Zucca pelata” sarà l’appellativo più gentile che verrà appioppato al sorvegliante dai ragazzi. Tra di loro c’è una gran varietà di temperamenti; il malinconico, il ladruncolo, l’arrabbiato con la faccia d’angelo che parla poco, ma si vendica in silenzio, il bullo irrecuperabile, che alla fine appiccherà il fuoco all’istituto, anche per vendicarsi di un’ingiusta accusa di furto.

“Azione, reazione” non è solo una legge della dinamica, ma anche il ferreo e brutale principio educativo messo in atto dall’inflessibile direttore, che poi è anche insegnante di varie materie.

Il nuovo sorvegliante, ex insegnante di musica, riuscirà a farsi accettare, valorizzando i ragazzi attraverso le loro voci e formando un coro.

Ostacolato dal direttore, che a un certo punto però si farà vanto di aver creato lui per ingraziarsi una nobile locale, il coro alla fine si dissolverà, il sorvegliante-musicista verrà licenziato e così anche il direttore, a causa dei suoi metodi brutali.

Ma faccia d’angelo si salverà e continuerà gli studi al conservatorio.

É a lui, maturo e celebre direttore d’orchestra, che una sera piovosa, si presenta l’ormai cresciuto bambino malinconico per consegnarli il diario che il sorvegliante aveva scritto sul “Fondo dello Stagno”. Un legame speciale aveva legato il piccolino triste all’insegnante di musica, il quale andandosene dall’istituto aveva deciso di occuparsi di lui, orfano di entrambi i genitori.

Per la produzione del film, ispirato a una vecchia pellicola del 1945 “La Gabbia degli Usignoli”, è stato fondamentale il contributo dei Piccoli Cantori del collegio Saint-Marc di Lione. La corale, dissoltasi nel 2019 per difficoltà finanziarie ha poi continuato la sua attività sotto il nome di “Accademia musicale di Saint-Marc”, aprendo i corsi di canto anche ai non iscritti al collegio.

Cineteca: Non ci resta che piangere

Ci sono film così, con la trama che si sa a memoria da quante volte li si guarda.

Lo stesso, ogni volta si ride, come la prima volta che l’hanno dato in sala.

“Non ci resta che piangere” è uno di questi, consegnando alla storia del cinema una coppia di mattatori, al tempo stesso attori e registi del film.

L’abbinamento di Benigni con l’indimenticabile Massimo Troisi non poteva essere meglio azzeccato in questa storia originale, resa ancora più unica dalla bravura e la verve dei due protagonisti principali.

Fermi a un passaggio a livello, i due amici-colleghi di scuola – Benigni (Saverio) insegna e Troisi (Mario) fa il bidello – prendono una strada secondaria che porta magicamente e tragicamente nel 1400 – quasi 1500 – nella località di “Frittole”.

Da qui, i due iniziano un viaggio nel tempo, tra gli anatemi del Savonarola, all’incontro, in Francia, con Leonardo che si rivelerà un deludente “zuccone”.

Il viaggio nel tempo e nello spazio continua, nel tentativo di arrivare in Spagna per impedire a Cristoforo Colombo di imbarcarsi e scoprire l’America.

Motivo principale del concitato viaggio per raggiungere Colombo prima della sua partenza, è l’ex fidanzato americano della sorella depressa di Benigni che l’ha lasciata e la fa soffrire. Se l’America non fosse stata scoperta, sua sorella non l’avrebbe mai conosciuto…

Link del film completo: https://www.youtube.com/watch?v=PJ_LCcoathc

Cineteca: il Silenzio del Mare

Mentre la Francia viene occupata dalle truppe tedesche, Jeanne e il nonno sono costretti a ospitare un giovane ufficiale tedesco.

Da usurpati e sottomessi, decidono di attuare la resistenza del silenzio nei confronti dell’occupante.

La loro casa di campagna si trova in prossimità del mare e il silenzio è anche quello della natura, che può ispirare i migliori sentimenti anche a chi sembra non possederne.

Galeotto sarà il pianoforte, mediante il quale due mondi agli antipodi entreranno in contatto.

Le note sostituiscono le parole mentre affiorano le emozioni.

L’occupante si dimostrerà rispettoso nei confronti di chi lo sta alloggiando, ma anche fragile nel suo ubbidire a un dovere dettato dalla tradizione di famiglia, dal solito senso di dovere del belligerante.

Se sia mai esistita una storia così, non è dato di sapere ai più.

Ognuno nel suo piccolo, ha ricordi ben diversi, anche solo dai racconti di famigliari e parenti che il periodo del film ha avuto la sfortuna di vivere.

Ma tant’è; il film sonda in modo molto efficacie e poetico l’insondabile, l’ineluttabile e l’inspiegabile del sentire umano, al di là di ogni schema e logica di guerra.

Cineteca: The Presence

Sull’onda della più moderna tendenza “off-the-grid”, letteralmente “fuori dalla rete” (senza luce né acqua corrente) che attira sempre più persone a scegliere di vivere isolati nella natura, una scrittrice si rifugia da sola nella casa dei nonni per dedicarsi al suo lavoro e ritrovare se stessa.

Se non fosse per la “toilette” che si trova all’esterno, in mezzo agli alberi, la sistemazione non sarebbe poi male, in confronto a molte altre realmente spartane in cui vivono i veri appassionati del vivere fuori mano e con pochi mezzi.

Il film è ambientato nell’incantevole Mount Hood National Forest, in Oregon, ma la selvaggia amenità del luogo fa presagire l’arcano già dai primi fotogrammi.

Infatti, oltre alla scrittrice, raggiunta in un secondo tempo dal fidanzato, abitano la vecchia casa invisibili soggetti.

Chi è tendenzialmente innocuo, chi è cattivo e semina zizzania, chi fa da giustiziere.

Insomma, dietro lo scorrere lento della trama, non mancano momenti di brivido e suspense.

Si intrecciano ai ricordi della scrittrice, brutte storie di famiglia e incertezze personali.

E se la storia della coppia fa un po’ acqua, compensano le inquadrature del paesaggio, l’assenza di effetti speciali che rendono l’immancabile brivido di paura quasi reale.

Non accolto favorevolmente dalla critica, seppur non manchino gli estimatori, il film merita di essere visto, perché a tutti – bene o male – è capitato almeno una volta nella vita di trovarsi in un luogo isolato e percepire qualcosa di strano…

The Presence – film completo

Cineteca: Sabotatori

Una spia tedesca riesce a intrufolarsi tra gli operai di uno stabilimento bellico di aeroplani in California.

La colpa del sabotaggio che porta a termine ricade sull’ignaro e innocente operaio Barry, il quale dovrà darsi alla macchia per non essere arrestato.

Oltre a fuggire, Barry segue le tracce del vero sabotatore. L’indirizzo scritto su una busta che il finto operaio aveva fatto cadere poco prima dell’incendio, in cui è morto un caro amico di Barry, dà il via a un rocambolesco inseguimento da parte dell’inseguito.

Nell’impresa di trovare il vero colpevole per riscattare sé stesso e l’amico deceduto, Barry verrà aiutato da Pat, modella pubblicitaria, non senza qualche difficoltà iniziale.

La ragazza, infatti, non credendolo innocente all’inizio del loro incontro, tenterà di consegnarlo lei stessa alla polizia.

Mentre lo immobilizza al volante con uno stratagemma, appare lungo la strada nel deserto, il cartellone pubblicitario che la ritrae con la scritta “Non ti deluderà mai”.

Questa, è solo una delle molte note umoristiche ideate dal mastro del thriller in bianco e nero – Hitchcock, naturalmente – che spuntano qua e là nel film, sdrammatizzando l’argomento di fondo.

Era il 1942, quando il film uscì sul grande schermo, e gli Stati Uniti erano da poco entrati in guerra.

Una tempistica che non poteva essere meglio azzeccata, considerando l’attività di spionaggio bellico e le tematiche del periodo.

Cineteca: Nuovomondo

In  un quotidiano di stenti, di fatiche e di nulla, un uomo di trentasette anni, i suoi due figli e la nonna si imbarcano per l’America.

A convincere il capo famiglia a lasciare le terre aride e le pietraie della Sicilia sono le cartoline che arrivano da oltreoceano, dove già vive il fratello gemello.

Raffigurano polli e verdure gigantesche, alberi su cui crescono soldi, tanto da evocare visioni di enormi ortaggi e fiumi di latte in cui vorrebbe immergersi.

Surrealismo e doloroso realismo sono accentuati dalla parlata dialettale, le affermazioni pungenti della nonna e la logica dei personaggi principali, tesa al concreto e alle cose essenziali.

I cigolii e i rumori inquietanti della nave li accompagneranno nel lungo viaggio che non risparmia nemmeno la burrasca.

Stipati nei locali di terza classe,  gli emigranti vengono sbattuti di qua e di là.

Terminata la tempesta, giacciono ammassati, come in un quadro apocalittico del  Cinquecento che raffigura l’esito di una battaglia sanguinosa o la furia delle forze divine che si scatena per punire gli esseri umani.

Al porto di arrivo, li attendono i controlli sanitari e i test “attitudinali” per valutarne il livello di intelligenza e ottenere l’idoneità al nuovo mondo.

Per le donne non maritate e prive della tutela di un accompagnatore maschio, l’unico modo per assicurarsi l’autorizzazione a restare, sarà quello di sottoporsi a una sorta di mercato delle spose.

Le donne, molte delle quali sono agghindate nei costumi tradizionali delle più svariate etnie, vengono chieste in sposa seduta stante dai più improbabili futuri mariti, i quali spesso le hanno già “prenotate” a distanza.

Cineteca: a proposito di cartoni animati – Ozzy e gli altri

Quello che si invidia un po’ ai piccoli di oggi, e a quelli nati negli ultimi decenni, è la grande varietà di libri in ogni formato, di film e cartoni a loro dedicati.

Una quantità di materiale impensabile per le generazioni che li hanno preceduti, quando c’erano “solo” i libri di Salgari per viaggiare con la fantasia.

Gli animali che popolavano le storie erano tigri, serpenti, elefanti.

Oppure, i topi del pifferaio magico o il gatto con gli stivali, disegnati tra le pagine dei libri. Al massimo, proiettati sullo schermo del cinema, le rare volte in cui si andava.

Se gli animali, domestici o meno che fossero, venivano in qualche modo umanizzati, appartenevano sempre a una mondo fiabesco.

Con l’avvento della tecnologia nell’animazione, invece, gatti, cani, galline, cavalli ecc. diventano credibili, accattivanti e simpatici.

Affrontano le dure prove della vita, proprio come gli umani.

Quando non risultano stucchevoli, è divertente guardarli, soprattutto se compensano antiche mancanze.

Cineteca: The Silence

Due fratelli gemelli – uno vivo e l’altro morto – e una ragazza enigmatica dalle occhiaie pronunciate sono i personaggi principali attorno ai quali ruota la trama di questo film.

Sullo sfondo, l’oceano su cui si affaccia una cittadina colpita da una serie di efferati delitti.

Il ritrovamento del libro che il gemello morto stava scrivendo prima di essere ucciso ne rivelerà il movente.

Realizzato con un budget modesto e senza effetti spettacolari, è un horror dalla spiccata impronta psicologica e cerebrale, anche se non mancano particolari cruenti. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, considerando il genere.

Nel susseguirsi di riflessioni intimistiche, omicidi e sentimenti, il silenzio acquista significati diversi.

Può significare incomunicabilità, annientamento o introspezione.

Molto gradevoli le musiche e le inquadrature dell’oceano, la cui bellezza naturale stride con la bruttura della violenza, mentre la suspense tiene inevitabilmente avvinti alla trama.

Voci precedenti più vecchie