Autunno in Giappone

Autunno in Giappone

L’acero rosso e il Giappone

“Settembre, andiamo, è tempo di migrare” recitava il vate italiano per antonomasia, Gabriele D’Annunzio.  Volando sopra l’Adriatico, oltre il mare e sempre più ad Oriente, l’autunno mischia i suoi colori con le linee armoniche dei templi e dei giardini giapponesi. Qui, non è l’esuberante foliage del Nord America che tinge deciso le White Mountains nel New Empshire e nemmeno la geometria cromatica dei vigneti della Napa Valley in California o nella Loira fino alle nostre Langhe a farla da padrona.

Nara, giardino di Isuien

Nara, giardino di Isuien

In Giappone, i colori dell’autunno iniziano ad apparire vero la metà di settembre nel nord del paese per avanzare verso sud e protrarsi in alcune zone fino a metà dicembre. L’acero è indubbiamente la pianta che più caratterizza l’autunno giapponese punteggiandolo di rosso acceso, fonte di ispirazione per le fantasie dei tessuti usati per fabbricare i kimono.

Tra ginko e pagode

Tra ginko e pagode

Non è da meno il giallo dorato delle piante di ginko e la gamma di sfumature del marrone che offrono i castagni. Tra le tante mete di un foliage trip di tutto rispetto rientra il parco di Nara, dove vivono liberi oltre 1000 cervi.

Tra i giardini di Yoshikien e Isuien, sfiorando gli antichi templi di Yakushiji, Kofukuji e Todaiji, i colori caldi dell’autunno si combinano con la quiete della natura e la spiritualità delle pagode.

 

 

L’Inferno in chiave moderna – Canto primo

Selva oscura

Selva oscura

A 35 anni mi ero perso in una foresta buia, perché avevo smarrito la strada. Mi è difficile descrivere quella foresta selvaggia, impervia ed intricata, che solo a pensarci provo paura. E’ così opprimente che quasi mi angoscia più della morte.  Ma prima di raccontare del bene che vi ho trovato, parlerò di altre cose che ho visto. Non so nemmeno dire io, come vi sono entrato, tanto ero smarrito da perdere la strada. Arrivato ai piedi di un colle, dove finiva la foresta che mi aveva riempito il cuore di tanta paura, ho guardato in alto e visto i pendii inondati già dalla luce del sole che guida gli uomini sulla giusta strada. Allora, la paura che avevo provato dal fondo del cuore in quella notte angosciosa diminuì. Così come chi, con il respiro affannato, uscito dal mare e  raggiunto la riva, si gira e fissa l’acqua minacciosa, mi sono voltato mentre ancora fuggivo per guardare da dove ero venuto e mai nessuno ne era uscito vivo.

Lonca, incrocio tra leopardo e leonessa: simbolo della lussuria

Lonza, incrocio tra leopardo e leonessa: simbolo della lussuria

Dopo essermi riposato un po’ ripresi a camminare per il pendio solitario, e passo dopo passo, ecco che all’inizio della ripida salita mi trovai davanti una lonza agile e veloce, dal pelo chiazzato che mi impediva di avanzare, così da essere tentato più volte di tornare indietro. Era mattino presto di primavera e mi misi a sperare per il meglio di fronte a quella fiera dal manto screziato, ma quando apparve anche un leone, non potei fare a meno di provare paura.

Leone, simbolo della superbia

Leone, simbolo della superbia

Sembrava venirmi contro, con la testa alta e una fame rabbiosa, tanto che l’aria stessa pareva tremare, e poi una lupa, nella cui magrezza era impressa tutta la bramosia per la quale già molte persone avevano sofferto. Ne fui talmente impaurito che persi la speranza di raggiungere la cima del colle.

Lupo, simbolo di cupidigia e avidità

Lupo, simbolo di cupidigia e avidità

Così come succede a chi guadagna volentieri per poi perdere tutto e piangere rattristato, la bestia insaziabile mi veniva incontro, spingendomi sempre di più nella foresta buia.

Mentre ritornavo a valle, vidi un individuo che sembrava aver perso la forza di parlare, da tanto era stato in silenzio. Quando lo vidi così solo, gli gridai ” Abbi pietà di me, ombra o uomo che tu sia”  e lui mi rispose ” Non sono più uomo, ma lo ero. I miei genitori erano entrambi di Mantova, nel nord d’Italia. Sono nato ai tempi di Giulio Cesare, ma troppo tardi per conoscerlo. Ho vissuto a Roma sotto il grande Augusto e durante il paganesimo. Sono stato poeta e ho cantato di Enea, figlio di Anchise che veniva da Troia, bruciata nell’incendio. Ma tu, perché torni verso tanta angoscia? Perché non sali sull’amato colle che è l’inizio e il motivo di ogni gioia?”

Veltro, veloce cane da caccia

Veltro, veloce cane da caccia

“Allora sei tu quel Virgilio che parla con grande eloquenza” risposi colmo di rispetto “onori e illumini gli altri poeti, mi rallegri per il lungo studio e il grande amore che mi hanno fatto leggere e rileggere le tue opere. Tu sei il mio maestro ed autore, sei il solo da cui ho tratto lo stile tragico che mi ha reso famoso. Guarda la bestia che mi ha fatto tornare indietro. Aiutami, grande saggio, perché mi fa tremare il sangue nelle vene”.

“Ti conviene prendere un’altra strada” rispose poi, vedendomi piangere “se vuoi salvarti da questa foresta selvaggia, perché la bestia per la quale tu invochi aiuto, non lascia passare nessuno sul suo cammino e per impedirlo, uccide. La sua natura è così malvagia che non soddisfa mai la bramosia e dopo il pasto ha più fame di prima. Sono molti gli animali che le assomigliano e ce ne saranno molti altri ancora così, finché arriverà un veltro e la farà morire nel dolore. Non sarà avido, ma saggio, virtuoso e di umili origini.

Dante e Beatrice

Dante e Beatrice

Risanerà la decaduta Italia, per la quale morì Cammilla (figlia del re dei Volsci, in guerra contro i Troiani), Eurialo, Niso (compagni di Enea) e Turno (ucciso da Enea), Il veltro scaccerà la misera Italia da ogni luogo, finché l’avrà riportata nell’inferno, da dove è provenuta l’invidia che ha corrotto gli uomini. Penso che tu mi debba seguire, così sarò la tua guida verso l’inferno, dove sentirai le grida disperate e vedrai gli antichi spiriti con l’anima annullata che soffrono e urlano.  Vedrai le anime del Purgatorio che sperano nella salvezza e di unirsi a quelle del Paradiso, dove se vorrai salire, troverai Beatrice, anima più degna di me.  Ti lascerò con lei, prima di andarmene, perché Dio non mi vuole in Paradiso, siccome non ho seguito le sue leggi e sono vissuto prima del cristianesimo. Regna su tutto il creato  e là ha il suo trono. Beati quelli che vi appartengono”.

Dissi a Virgilio “Poeta, per quel Dio che non hai conosciuto, ti prego di portarmi là dove hai detto, così che io possa fuggire dal peccato e dalla dannazione, vedere la porta del Paradiso e i dannati”. Allora Virgilio si rimise in cammino e io lo seguii. Continua…