Il tetto del Colosseo. Un’idea da copiare?

Difficile immaginarsela oggi, date le condizioni attuali , la copertura escogitata per riparare il pubblico del Colosseo dal caldo o dalla pioggia e dal vento.

Tecnicamente detto “velarium”, che in latino deriva da “velo / tessuto”, il sistema di schermatura si ispirava alle navi.

A una struttura circolare costituita da 240 pali in legno lunghi 23 mt, inseriti in appositi fori e sostegni nella parte superiore del Colosseo era collegata una rete di funi, tenuta insieme nella parte finale da una corda ad anello. All’occorrenza l’insieme dei teli in lino veniva così srotolato o riavvolto, mediante l’azionamento delle funi.

Altre funi legate sulla sommità dei pali e fissate alle grandi pietre a terra intorno al Colosseo, tuttora visibili, servivano per controbilanciare la tensione e il peso dell’enorme rete.

Ma questo marchingegno non era l’unico ad entusiasmare il pubblico, l’imperatore e il suo seguito, fine ultimo dell’enorme investimento economico che girava intorno al Colosseo.

Per rinfrescare nelle torride giornate romane, veniva dispersa una nebulizzazione regolare che sfruttava l’aria per distribuire l’acqua mediante pressione.

In un grande serbatoio colmo d’acqua veniva inserito un lungo tubo, che spingeva l’acqua in due serbatoi laterali. Al loro interno, due pistoni si muovevano alternativamente e regolarmente grazie all’oscillazione di un braccio che li collegava nella loro parte superiore.

Veniva così prodotta una pressione regolare e costante, che spingeva l’acqua nel lungo tubo e la erogava dall’alto in modo continuativo.

Soluzioni a costo zero, si potrebbe concludere, che allora consentivano agli astanti di godersi in modo più confortevole spettacoli che oggi parrebbero, come minimo e in molti casi, di cattivo gusto.

Ma tant’è, questo ci racconta la storia e ciò che è stato; genio e brutalità, bellezza e crudeltà.

Del resto, tra mille o duemila anni chissà cosa si dirà di oggi…