Mentre era in cantiere la costruzione del Duomo, un altro luogo iniziava ad acquisire quell’importanza che lo avrebbe poi legato indissolubilmente alla storia di Milano. E’ il Castello Sforzesco, oggi circondato da palazzi eleganti e da un grande traffico, ma ai tempi immerso nella campagna. Alle sue spalle di estendeva una grande area verde, costituita da giardini, campi e boschi, utilizzata come riserva di caccia che copriva parte dell’attuale Parco Sempione.
Poco meno di 1 km lo divide dal Duomo e la sua storia inizia quando Galeazzo Visconti lo fece costruire nel 1358 per scopi puramente difensivi e militari, come costruzione fortificata chiamandola Castello di Porta Giòvia o Zòbia. Nei decenni in cui i Visconti governarono la città, il Castello fu oggetto di continue opere di fortificazione, ma non fu, insieme al Duomo, la sola ambizione architettonica dell’intraprendente casata.
Per salvare dal degrado la zona centrale di Milano, Giovanni Visconti fece costruire a partire dal 1339 il Palazzo dell’Arcivescovado sul lato destro di Piazza Duomo, su un’area molto più vasta di quella attuale che comprendeva altri due isolati retrostanti. Ancora oggi, sulla facciata che guarda verso il Duomo, si nota lo stemma dei Visconti costituito dall’inconfondibile Biscione, mentre alcuni disegni geometrici sulla parete meridionale e i finestroni sono sopravvissuti come elementi originari di quel periodo alle continue trasformazioni architettoniche dell’edificio.
Una delle successive modifiche si può ancora notare sul lato retrostante dell’Arcivescovado con le antiche scuderie situate nella Rotonda del Pellegrini, in Via delle Ore, rimasta conforme all’originale 500esco. Infatti, si possono ancora distinguere i due piani, uno utilizzato per i cavalli e l’altro per i muli. Erano inoltre presenti un grande ambiente a volta per i fienili, il pozzo e la scala a chiocciola.
I Visconti, però, non lasciarono alla fine alcun erede e fu il loro capitano, Francesco Sforza, a prendere in mano il potere ed avviare un altro periodo cruciale per Milano. Sotto di lui, si intensificarono le migliorie al Castello di Porta Giòvia a cui Francesco Sforza volle aggiungere l’aspetto decorativo, abbellendolo con grandi finestroni in cotto, decorazioni e ampi spazi sotto la direzione dell’architetto Il Filarete, autore della grande torre sulla facciata principale, ricostruita poi da Luca Beltrami. Francesco Sforza fece costruire una seconda cerchia di mura, la cosiddetta Ghirlanda, sul lato verso il parco.
Una strada coperta portava dal cortile della Rocchetta al recinto della Ghirlanda e verso la campagna. Una fila di piccole finestre con inferriate sul lato del parco, indicano oggi l’antico passaggio coperto.
Durante i lavori di riqualificazione del Castello, Francesco Sforza risiedeva ancora nell’antica dimora viscontea nei pressi del Duomo, circondato da uno stuolo di servitori e personale di corte. Con Galeazzo Maria Sforza, figlio di Francesco, la corte si trasferisce definitivamente al Castello. La corte ducale era situata nella parte del Castello che dà sul parco, protetta dalla struttura quadrata della Rocchetta. Nel 1476, a seguito dell’assassinio di Galeazzo Maria e per sfuggire all’assedio dei cognati, la moglie Bona di Savoia con il figlio Gian Galeazzo si rinchiuse nella Rocchetta e si fece costruire una torre massiccia in cui rifugiarsi.
Perfettamente conservata e nota come la torre di Bona di Savoia, è tuttora visibile e situata nell’angolo della Rocchetta, verso il lato sinistro della corte ducale. Scesa a patti con uno dei cognati, Ludovico il Moro, Bona di Savoia si trasferisce ad Abbiategrasso e il figlio Gian Galeazzo Sforza riconosce Ludovico il Moro come suo tutore che prende ufficialmente il potere nel 1494.
Così si dipana come una trama la storia di un castello che non manca di intrighi, fatti violenti, prosperità e decadimento, lussuose feste di corte, ma anche di leggende che parlano di fantasmi aggirarsi ancora nei sotterranei e nel parco. Continua …..